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Fipe: Bar e ristoranti non ce la fanno più, servono 5 mld di nuovi ristori

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Roma, 11 gen. (Adnkronos/Labitalia) – Nuovi ristori per 5 miliardi di euro, raddoppiati rispetto a quelli erogati nel 2020. Insieme a misure per gli affitti e al prolungamento della cassa integrazione. Sono le richieste che arrivano da bar e ristoranti, che dicono basta alle indiscrezioni sulla stampa sulle prossime restrizioni per contrastare la pandemia. “Io credo che il governo -spiega ad Adnkronos/Labitalia Roberto Calugi, direttore generale di Fipe Confcommercio, l’organizzazione di categoria di bar, ristoranti e locali d’intrattenimento- farebbe bene a iniziare la settimana controllando il territorio invece di massacrare un settore che invece è già di suo massacrato. E’ il caso di dire ‘Basta’, la misura è colma. Se il governo vuole vedere centinaia di migliaia di persone che vengono in piazza a protestare verso modalità che sono incomprensibili, allora questo è il modo giusto. Non ne possiamo veramente più. Nessuno ci coinvolge e la mattina ci vediamo le notizie sui giornali”, riferendosi all’ipotesi dello stop all’asporto dopo le 18 per i bar.

“Ma il problema -sottolinea Calugi- è l’asporto dei bar e dei ristoranti dopo le 18? Mi viene da ridere…La questione è che se ci sono dei bar e dei ristoranti, come anche dei supermercati che sbagliano e non applicano le regole, chiudeteli. Ma non potete massacrare un’intera categoria in questo modo. C’è gente che si è tolta la vita, tanti non reggono più a livello psicologico, non si può scherzare sulla pelle delle persone in questa maniera”, rimarca amaro Calugi.

Secondo il direttore di Fipe la situazione degli esercenti è sempre più nera, anche dal punto di vista psicologico. “Noi diciamo -sottolinea- che il governo deve pensare a controllare il territorio. Chi sbaglia paga ma non si può giocare sulla pelle delle persone, con annunci di questo genere che gettano centinaia di migliaia di persone nello sconforto. Senza minimamente ascoltare le associazioni di categoria. Siamo stufi di informazioni apprese dagli organi di stampa, non si a che titolo, e calate dall’alto”, aggiunge.

Per le imprese servono azioni concrete subito. “Non possiamo stare qui con la spada di Damocle del governo, cade o non cade, si intervenga subito con uno scostamento di bilancio e si mettano in sicurezza quante più imprese possibili. L’anno scorso sui ristori è stata messa una cifra di 2 miliardi 490 milioni di euro per 300mila imprese. Bisogna perlomeno raddoppiare questa cifra”, sottolinea Calugi.

Ma i ristori, o “i sussidi, perchè altrimenti è fuorviante”, sottolinea Calugi, non possono bastare. “Bisogna intervenire -spiega- sugli affitti, è necessario. Sarebbe un’operazione sostanzialmente a costo zero per lo Stato, si tratterebbe di dare degli incentivi fiscali ai proprietari delle mura che accettano di ridurre gli affitti di almeno il 30%. Ci auguriamo che rientri in un eventuale dl ristori quinques”.

Anche perchè “o si interviene sugli affitti o le città si svuotano. I due principali bar del centro di Ferrara chiudono e non riaprono più. Perdere attività storiche come queste vuol dire anche perdere l’identità della città”, aggiunge. “E poi -sottolinea- serve il prolungamento della cassa integrazione. Si farà nuovo debito? Bene, l’alternativa è vedere 300mila persone in mezzo a una strada. Quanto costa allo Stato mantenere queste persone? Così si capisce che in questo momento fare debito è un falso problema. Almeno così si riuscirebbe a salvaguardare un patrimonio di imprese che altrimenti andrebbe perso”, sottolinea ancora.

E Calugi chiarisce che “siamo subissati di telefonate di persone che hanno letto le dichiarazioni di ieri di Castelli, Gualtieri e Di Maio sui ristori di Natale che sono già arrivati. Peccato che a noi non risulti. Anzi, ci sono persone che non hanno ancora preso quelli di novembre”.

Tutto questo nonostante, sottolinea il direttore di Fipe, “è del tutto evidente che non sono i pubblici esercizi i luoghi del contagio, ma vengono visti come uno strumento per ‘spegnere’ le città e diminuire i movimenti. Ma non possono essere solo la ristorazione e l’intrattenimento a pagare il costo economico di questo disastro totale”.

“Siamo parlando -sottolinea Calugi- di imprese in buon numero già fallite, di 300 mila persone che rischiano di perdere il posto di lavoro. Noi ci auguriamo che il 2021 siano un anno di transizione, guardiamo all’evoluzione del vaccino e della cura, come unica vera modalità per tornare una normalità che tutti noi auspichiamo. Ma non è questo il modo di gestire nè l’informazione, nè le modalità di organizzazione del lavoro”, aggiunge ancora.

“Non siamo soggetti -attacca ancora Calugi- che possono aprire o chiudere a piacimento del governo, e senza il minimo coinvolgimento. Quello che ci sconvolge è aprire il giornale la mattina e leggere notizia non confermata, non smentita. Che modo è? E’ una mancanza totale per chi lavora”, aggiunge. “Siamo di fronte a una pandemia tragica e i pubblici esercizi stanno svolgendo un lavoro di grandissima responsabilità”, conclude.

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