Abruzzo: la costa delle trivelle

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Ha senso trivellare l’Abruzzo per poco petrolio di scarsa qualità? I rischi valgono l’investimento?

L’Abruzzo si sta trasformando in un distretto petrolifero: a lanciare l’allarme è il WWF che insieme a Legambiente, Italia Nostra, LIPU, FAI, CAI e ARCI  ha presentato il dossier ‘La costa delle Trivelle. Dati e numeri sulla deriva petrolifera abruzzese’ che fotografa la complessa situazione degli idrocarburi sul territorio regionale e nel mare antistante la costa abruzzese.

Secondo gli ambientalisti, più della metà del territorio regionale è stato interessato negli ultimi anni da istanze di ricerca ed estrazione di idrocarburi; lo stesso destino è toccato a 6.241,15 kmq di mare abruzzese.

Ecco i dati diffusi dal WWF:

  • 2.213,05 kmq di territorio abruzzese sono interessati da permessi di ricerca.
  • 441,29 kmq di territorio abruzzese sono interessati da concessioni di coltivazione.
  • 101,03 kmq di territorio abruzzese sono interessati da concessioni di stoccaggio.

Cui si aggiungono:

  • 35,72 Kmq di territorio abruzzese sono interessati da istanze per concessione di coltivazione.
  • 1.018,00 kmq di territorio abruzzese sono interessati da istanze per concessioni di stoccaggio.
  • 4.222,80 Kmq di territorio abruzzese sono interessati da istanze per permessi di ricerca.

Il recente caso di Ombrina Mare ha risollevato il dibattito sul senso dell’investimento nel settore petrolifero mentre nel mondo sviluppato il trend in crescita sono le rinnovabili; senza contare che potremmo essere di fronte a petrolio difficile da estrarre e di bassa qualità.

Come abbiamo già scritto, il greggio dovrebbe essere di pessima qualità e di quantità trascurabili, sufficiente a coprire a fatica lo 0,2% del consumo annuale nazionale; gas in quantità insignificante e sufficiente a coprire appena lo 0,001% del consumo annuale nazionale, con una ricaduta locale (in termini di royalties) equivalente all’importo di mezza tazzina di caffè all’anno per ogni abruzzese.

Secondo gli ambientalisti ‘urge una politica pubblica di transizione che sappia accompagnare le trasformazioni in atto e che aggredisca i problemi ambientali irrisolti. I parlamentari abruzzesi – in particolare quelli di maggioranza che hanno possibilità di far valere le proprie ragioni presso il Governo – non hanno fino ad oggi messo in atto una strategia minimante efficace.Il Consiglio regionale non riesce ad approvare una risoluzione unitaria per contrastare il pericolo derivante da Ombrina Mare dopo il via libera della Commissione VIA nazionale.E pochi Comuni tengono ferma la perimetrazione del Parco della Costa Teatina, baluardo delle nostre risorse, paesaggi, vocazioni e talenti, nonché prezioso elemento di difesa contro la petrolizzazione. Questa situazione va sbloccata. Bisogna rendere evidente, a tutti i livelli, che l’azione da porre in  essere è irrinunciabile, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico, sociale e culturale.’

a.po 

 

 

 

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Abruzzo, ombrina mare, petrolio, trivelle

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