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Fabrizio De André: la Buona Novella, la Sicilia passando da Roma

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Dopo oltre cinquant’anni Fabrizio De André “parla” in dialetto siciliano

 

La musica è un mistero, alcune composizioni sono svincolate dall’egida del tempo e ogni volta che qualcuno le ascolta sembra addirittura che si sia fermato quel tempo lasciando ai nostri cuori una goccia di splendore.

La Buona Novella è senza dubbio una di queste composizioni, un concept album pubblicato nel 1970 intriso di politica e idee rivoluzionarie nascoste, come solo i poeti sanno fare, tra le righe di ogni verso ispirato ai vangeli che sono stati considerati meno degni, i vangeli apocrifi.

La Novella che parla di Maria, di Giuseppe e di Gesù, mettendo in risalto il lato umano della storia, è un racconto dove diventano protagonisti i ladroni e i dieci comandamenti riletti da una prospettiva meno drastica e meglio inserita nella realtà di ogni tempo dove esiste l’amore ma ci si dimentica spesso della pietà.

Dopo ben cinquantuno anni, oggi torniamo a parlare di questo lavoro e di quello che ha rappresentato.

L’opera rivive in una veste decisamente insolita e originale che, ne siamo certi, avrebbe tanto alimentato la gioia di Fabrizio De André.

La Buona Novella in siciliano, che sarà presentata a Palermo ufficialmente il prossimo giovedì 1° luglio, è un omaggio estremamente rispettoso al disco originale (la copertina è la stessa su licenza della Sony e i testi sono stati ripubblicati su concessione della Universal) e al tempo stesso l’inizio di un nuovo viaggio.

È come fosse l’avvio di una rivoluzionaria start up umana/musicale, così gradita alla Fondazione Fabrizio De André Onlus da accompagnarla in questa avventura con il proprio simbolo in copertina e una dichiarata “affettuosa complicità”. Una “nuova” novella che raccoglie le emozioni di tutti gli #AmiciPerBuonaNovella, ovvero di coloro che sono legati dalla passione comune per Faber ma anche per la Sicilia e il cantautorato dialettale.

Questo progetto non è paragonabile ad altri prodotti discografici perché porta con sé tante attenzioni e si rivolge probabilmente al mondo intero che sembra andare avanti a tentativi sempre più stentati. Un album che vuole essere uno scossone alle coscienze, forse sopite, di certo distratte da tanta tecnologia e tanta velocità, soprattutto nelle relazioni umane che si stanno sbiadendo tra era digitale e superficialità esistenziale.

Francesco Giunta, cantautore fertile e innovativo, considerato con certezza riferimento e punto di partenza di quella nuova stagione del cantare in siciliano, ha messo in piedi una vera e propria squadra. Con il sostengo dell’amico e Maestro Cantautore Edoardo De Angelis che ha curato il lato editoriale del progetto (oltre ad aver prestato la voce all’interno del disco), Francesco ha coinvolto Alessandra Ristuccia, Giulia Mei, Cecilia Pinto e Laura Mollica e Beatrice Cerami.

Sotto l’occhio attento e l’esperienza del Maestro Giuseppe Greco questi artisti hanno dato vita ad una produzione davvero straordinaria, curata in ogni piccolo dettaglio e soprattutto in armonia con lo spirito dell’opera di De André andando a comporre versi in dialetto che, seppur fossero fatti di parole diverse, restituiscono l’emozione perfetta che ci si aspetta quando si ascolta Faber.

Il risultato si può ascoltare già in questi due video promo dal canale YouTube dedicato

Come si può percepire anche dai pochi passaggi di un video di anticipazione, il lavoro di Francesco Giunta in prima istanza, e delle artiste in studio di registrazione, non è stato una semplice “traduzione” in dialetto di una serie di canzone di un famosissimo cantautore ligure, al contrario è stato un lavoro molto raffinato di valorizzazione dei testi originali portandoli a nuova vita in una lingua nuova, se così si può dire del dialetto siciliano.

Proviamo a capire meglio facendo un esempio di conforto tra i versi in italiano e quelli in siciliano di Giunta:

Forsi prestu parteru

o di sira nìsceru…

A na vistina di casa

un ciuriddu cuseru,

 

Forse fu all’ora terza,

forse alla nona,
cucito qualche giglio

sul vestitino alla buona, [L’infanzia di Maria]

 

O ancora

E tu piano posasti le dita
All’orlo della sua fronte
I vecchi quando accarezzano
Hanno il timore di far troppo forte

La to manu si fici di sita

e aràciu carizza dda frunti

i vecchi hannu un lèggiu tuccari

ca nun sannu si ponnu struppiari. [Il sogno di Maria]

La poetica, con estrema maestria, rende la stessa identica immagine ma con parole diverse per esprimere attraverso la canzone l’ammirazione e l’amore che il cantautore siciliano ha nei confronti del maestro cantautore di Genova.

Un disco così importante, riadattato in dialetto e suonato e cantato da cinque donne, non può essere una casualità è piuttosto una scelta di riaffermare, qualora serva, il valore delle donne nella società che si fanno portavoce di un messaggio che parte dalla Sicilia e va in giro per il mondo: La Buona Novella è un destino che ci cuciamo addosso in base alle scelte che facciamo ogni giorno.

Tutte le informazioni sull’album possono essere consultate ai seguenti link utili:

Landing Page –  https://www.francescogiunta.it

Pagina Facebook –  https://www.facebook.com/LaBuonaNovellainsiciliano

Profilo Instagram – https://www.instagram.com/la_buona_novella_in_siciliano/

Canale YouTube –  https://www.youtube.com/channel/UCo2Jlwyo6tW0XsyQcRersnQ

 

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