Superlega: Almiento (Bocconi), ‘serve salary cap o resterà progetto a metà’ (2)

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(Adnkronos) – Il progetto della Superlega insomma sembra viaggiare in quella direzione. ”Negli Usa hanno capito che non si può sommare l’incertezza del mercato di riferimento con l’aleatorietà dei risultati sportivi. Quindi anche se un anno si va male, non si pregiudica nulla. Il meccanismo studiato punta proprio a evitare che vincano sempre le stesse squadre e questo si traduce in campionati più avvincenti e quindi in un vantaggio per tutti i club”.

Ma secondo il docente se si sceglie questa strada il modello va copiato nel suo insieme e quindi deve prevedere un insieme di regole per il controllo dei costi. ”Il sistema calcio -dice- sta pagando la crescita dei costi a dismisura senza che si punti a fermarla e nessun business riesce a prosperare se non c’e’ un controllo dei costi. E oggi nel calcio europeo un elemento chiave come gli ingaggi sono in balia dei procuratori, un fenomeno che non si riesce ad arrestare. Una superlega, quindi, per funzionare dovrebbe avere alla base il salary cap, cioè un tetto allo stipendio che permette di avere dei punti di riferimento nella gestione”.

Anche perchè non si possono aumentare all’infinto gli incassi derivanti dalle partite: ”in Europa dopo le sponsorizzazioni e il merchandising hanno massimizzato i diritti tv e non basta ancora. Significa che le risorse non possono più solo essere attinte al mondo dello sport, vanno prese altrove. Ed è qui che gioca un ruolo fondamentale la proprietà degli stadi: la squadra che ce l’ha riesce ad andare oltre all’incasso legato alle due ore della partita. Può fornire servizi che vanno dalla ristorazione alla sanità per tutta la settimana”. In sostanza una Superlega senza salary cap e dove vi saranno club con stadi di proprietà e altri che non ce l’hanno ”rischia di avere all’interno una sorta di serie A e di serie B diventando una risposta a metà alla domanda di rivedere il modello di business del mondo del calcio”.

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