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vini d'importazione

Senza filtri: il “nettare degli Dei” italiano incontra i gusti degli americani?

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Cosa preferiscono bere e cosa non sanno gli Americani dei nostri vini

Le esportazioni di vino italiano verso gli Stati Uniti hanno subito una crescita costante negli ultimi anni. La domanda è sostenuta soprattutto da una conoscenza crescente delle uve italiane. Ma è uniforme per tutti gli stati dell’unione? Direi proprio di no. Anzi direi che se lo fosse le vendite sarebbero molte di più e vi spiego perché.

Mentre le coste sono caratterizzate da classi sociali molto più variegate, nella parte centrale è molto più prevalente la classe media, soprattutto di estrazione rurale. Nonostante molti discendono da famiglie di coltivatori, spesso non hanno una conoscenza approfondita del vino. Le uve raramente resistono alle basse temperature dell’inverno continentale, per cui il vino è da sempre un prodotto principalmente di importazione, sia interna, ossia dalla California, sia esterna da altri paesi, come l’Italia per esempio.

Succede così che per la maggior parte degli americani del midwest, ad esempio, i vini di riferimento sono quelli californiani, i quali sono per la maggior parte mono vitigni importati.

I vini locali che vanno per la maggiore sono:

Per i rossi:

  • Cabernet
  • Pinot Noir
  • Zinfandel (che poi non è altro che il nostro Primitivo trapiantato in California)
  • Merlot

Per i bianchi:

  • Chardonnay
  • Sauvignon Blanc

Seguendo questa conoscenza di base, per molti americani il concetto di vino è appunto legato ai mono vitigni.

Per cui succede che nell’ideologia largamente diffusa, un blend, ossia miscela di uve diverse per arrotondare e raffinare il gusto, in genere è considerato un prodotto inferiore. Ma la maggior parte dei vini italiani sono blend. I nostri agronomi ricercano e studiano accuratamente la miscela delle uve per donare al vino quel gusto che li caratterizza. E quindi? Come si accostano gli americani ai nostri vini?

I vini italiani comunque godono di una fama e reputazione di alto livello.

Quindi i consumatori dei nostri vini si possono dividere in 2 tipologie:

  • Il NEOFITA: guarda a nomi evocativi/ profumi floreali, e compra vini conosciuti, prodotti da vitigni molto noti.
  • L’EDONISTA: solitamente punta al collezionismo, al prestigio del vino e quindi del produttore, compra bottiglie dal prezzo elevato, segue i consigli di riviste specializzate

Come potete vedere, in entrambe i casi non si basano sulla loro conoscenza ed esperienza personale, ma si fidano molto dei nomi e dei vitigni largamente conosciuti, oppure del consiglio di esperti.

È così che il chianti, il pino grigio, il barolo, l’amarone ed altri nomi famosi, riescono a fare breccia nella preferenza dei consumatori, mentre altri come ad esempio Nebbiolo, Muller Turgau, Falerno, Taurasi ed altri di comunque alta qualità, fanno fatica ad essere accettati dalla massa. Il Pino Grigio, ad esempio, è uno dei bianchi più consumati, mentre in Italia ha perso un po’ lo smalto che aveva negli anni 80 e 90.

Vi racconto un’esperienza quasi personale, in quanto mia moglie, insieme ad altri soci italo-americano hanno intrapreso un’esperienza imprenditoriale per la distribuzione di vini italiani in Ohio. Le società che importano e/o distribuiscono vini italiani, fanno non poca fatica a proporre una varietà maggiore di vini. Questo perché’ necessitano di una politica di educazione del consumatore americano. Spesso si avvalgono di eventi di wine tasting per avere l’occasione di spiegare ai potenziali clienti la storia del vitigno, la composizione del vino in questione, soprattutto per giustificarne il prezzo, magari più alto del più conosciuto Chianti. Il tutto spesso a spese proprie o in collaborazione con il produttore di vino che offre la propria disponibilità ad incontrare i potenziali clienti finali.

Ovviamente si tratta di micro-eventi, che riescono a colpire un’audience, sia business che consumer, molto ridotta. Ci troviamo in una situazione paradossale dove il consumatore o il business americano vuole comprare ma non sa cosa comprare, e quindi decide di andare sul sicuro: un prodotto americano oppure un vino “conosciuto” italiano. È evidente che se ci fosse una politica di supporto alle aziende vitivinicole italiane, magari da parte delle istituzioni, mirato ad accrescere la conoscenza dei nostri vini e delle nostre uve da parte degli americani, la domanda crescerebbe e non di poco. Molti consumatori preferirebbero un prodotto italiano a quello americano, se solo ne conoscessero storia e proprietà.

Marcello Sasso

Vice President – Aimpoint Research

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