Agricoltura nella prossima legislatura, cosa chiedono le associazioni di categoria

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Cosa chiedono Cia, Confagricoltura, Legacoop, Agci, Confcooperative e Coldiretti al prossimo governo? Punto per punto le richieste delle associazioni degli agricoltori al prossimo parlamento

Due le fazioni ‘agricole’ nella corsa alle amministrative: da una parte il blocco Agrinsieme costituito dalla Cia, dalla Confagricoltura e dalle tre centrali cooperative Legacoop, Agci e Confcooperative; dall’altra parte la Coldiretti che viaggia in assolo con un decalogo di intenti da proporre a chi verra’ dopo il governo dei tecnici. Se le due organizzazioni agricole – la Confagricoltura storicamente di destra e la Cia da sempre appartenente al mondo del centrosinistra – alleate con le cooperative che furono rosse, con le cooperative bianche dell’ex Democrazia Cristiana e con le cooperative nate dal liberalismo repubblicano parlano di ‘rete’ di imprese per portare il settore Primario a un livello superiore facendolo uscire dalla nicchia di mercato, l’organizzazione agricola capeggiata da Sergio Marini (la Coldiretti) punta a un’agricoltura tutta incentrata ai bisogni del consumatore e garante della tradizione.

Due visioni diametralmente opposte. Agrinsieme parla di una sinergia tra tutti i settori (il Primario dell’agricoltura, il Secondario dell’industria e il Terziario dei servizi) arrivando a proporre al nuovo governo, qualunque esso sia, un ministero dell’Agroalimentare che promuova il made in Italy nel suo insieme. La Coldiretti preferisce trincerarsi nella difesa senza tregua di chi coltiva la terra attraverso concertazione, infrastrutture, politica creditizia, consorzi fidi, sicurezza alimentare, distretti alimentari di qualita’, formazione in agricoltura e infine lotta alla criminalita’.

Dieci i punti del Decalogo dell’Italia che “vuole” la Coldiretti. Al primo posto “un governo globale dei beni comuni. E’ necessario che i decisori politici ne tengano conto mettendo ai vertici della loro agenda la strategicità del cibo e promuovendo politiche che a livello globale definiscano una regia di regole per i beni comuni come il cibo, l’acqua e il suolo. L’Europa al secondo posto: è necessario – secondo Coldiretti – lavorare alacremente alla costruzione degli Stati Uniti di Europa, dotando l’Unione di forti istituzioni politiche elette democraticamente, capaci di orientare sia il cammino di integrazione iniziato, che di ricondurre le spinte disgreganti in atto. Poi un’Italia sussidiaria e solidale: di fronte alla ripresa – dopo quasi un secolo – di forti squilibri nella distribuzione della ricchezza prodotta e nel contesto di un necessario contrappunto federale, il valore della sussidiarietà diventa strumento cardine per gestire la semplificazione burocratica e i principi di solidarietà sono indispensabili per superare le diseguaglianze. Al quarto posto la Coldiretti mette i punti di forza del made in Italy: patrimonio storico ed artistico, paesaggio, biodiversità, ricchissima articolazione territoriale, originalità e creatività, gusto e passione, intuito e buonsenso. “L’Italia che fa l’Italia” è il quinto punto: l’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia, imboccando intelligentemente la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza a cui abbiamo già fatto riferimento. Le politiche necessarie da adottare sono al sesto punto: per accompagnare la crescita c’è bisogno di “buona politica” e ciò significa in primo luogo il ritorno a funzioni di mediazione intelligente fra ceti e interessi distinti e contrastanti ai fini di perseguire un più ampio interesse di carattere generale, ciò che si definisce “bene comune”. Con la verità, per garantire trasparenza ai cittadini consumatori e metterli in condizione di conoscere ciò che va sulle loro tavole (lotta all’italian sounding, norme per l’informazione ai consumatori, applicazione di quelle leggi approvate dal Parlamento ma finite in un binario morto); e la giustizia, per contrastare le posizioni di rendita e ridistribuire il valore aggiunto a vantaggio di chi lo produce (sostegno ai nostri progetti di Campagna Amica e della Filiera Agricola Tutta Italiana tesi ad accorciare e costruire nuove relazioni di filiera); la legalità, per impedire i fenomeni che minacciano il valore del marchio “Italia” (continuità di impegno nella lotta alla contraffazione e sofisticazione, condivisione della nostra denuncia sulle Agromafie in stretta collaborazione con magistratura e forze dell’ordine)”. La “molla per tornare a crescere” è il settimo punto: L’Italia è un Paese in cui le scelte economiche, politiche e sociali sono fortemente condizionate da dimensioni emozionali. Elementi come “la fiducia” tendono a ripercuotersi in maniera più che proporzionale sui comportamenti degli individui e delle famiglie. In stagioni congiunturali particolarmente difficili, “la fiducia” diventa una sorta di “molla” che se nutrita dal giusto orgoglio nazionale e messa in tensione va a costituire un fattore rigenerativo, se trascurata si traduce in un ulteriore chiave “depressiva”. All’ottavo posto la necessità di “far crescere il Pil con il benessere”: attraverso il ripensamento dello sviluppo in una logica di benessere secondo principi di sostenibilità, etica del lavoro e coesione sociale. Il Pil in tal caso è strumento e non fine ultimo di una crescita sostenibile. Dentro al consumo di cibo c’è la cultura dei territori, la tipicità e la creatività di tutta la gente che l’ha generato. Dentro al cibo c’è la sicurezza alimentare che noi abbiamo garantito. C’è la qualità e la diversificazione assicurata dalla lotta continua che facciamo per difendere la biodiversità. Si tratta di tutta una serie di componenti immateriali che quando ci fanno stare a tavola ci fanno stare bene al di là del Pil. Poi “Il valore della comunità” e infine L’etica: le persone nel loro quotidiano agire finiscono per sciogliersi da quelle responsabilità che pure hanno e dovrebbero esercitare nella sfera pubblica e in quella privata. Se tuttavia in questi anni c’è stato un venir meno dei valori di trasparenza, di verità, di assunzione di responsabilità ciò, in taluni casi, ha investito anche le forze di rappresentanza.

Sei invece le proposte della Cia: allineamento alla media europea dei costi contributivi e previdenziali, lotta alla contraffazione agroalimentare e tutela del Made in Italy, riduzione dei costi energetici, miglioramento approvvigionamento idrico in Puglia, semplificazione burocratica, ricambio generazionale. Per Confagricoltura infine bisogna lavorare per creare condizioni di crescita e per crescere l’agricoltura deve uscire dalla dimensione esclusivamente di settore, superandola, per ricostituire un “sistema delle conoscenze”. Servono ricerca, sviluppo, innovazione e internazionalizzazione. “Chiunque andrà al governo dovrà mettere in agenda il rilancio dell’agroalimentare e dell’agricoltura con adeguate politiche di sviluppo che, fino ad oggi, sono mancate”. Anche attraverso un’agricoltura 3.0 che si basi su una solida rete di imprese. L’agricoltura italiana ‘vale’ circa 50 miliardi di euro l’anno che diventano 120 con l’industria. Ma che possono diventare molti di piu’, se a questi ci si aggiunge la meccanizzazione agricola (la New Hollande e’ l’unica Fiat rimasta in Italia che funziona) che vale altri 8 miliardi di euro e i servizi. Basti pensare a quanta benzina viene consumata quotidianamente per portare i prodotti da una regione all’altra in un paese che notoriamente viaggia su ruote, proprio per garantire la frescheza dei prodotti. La ‘politica’ chiesta da Agrinsieme si caratterizza per avere un aspetto imprenditoriale al fine di tutelare chi fa mercato. La ‘politica’ chiesta dalla Coldiretti e’ invece quella del chilometro zero, della tutela delle tradizioni culturali e del legame con il territorio. Del piccolo, ma buono che si trova solo dove viene prodotto. Mai stata una distinzione di intenti cosi’ chiara e definita. Le prossime elezioni sono destinate a segnare una svolta – in un senso o in un altro – dell’agricoltura italiana. E con lei, di tutto l’agroalimentare.

Nereo Brancusi

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Agrinsieme, Cia, coldiretti, confagricoltura, Confcooperative

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