Covid Italia, Danese (Aefi): “Per fiere -80% fatturato, erogati solo 4% fondi promessi dal governo”

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Roma, 24 feb. (Labitalia) – “Le Fiere sono state le prime a chiudere e probabilmente saranno le ultime a riaprire. Abbiamo perso circa l’80% del fatturato, siamo stati il settore con maggiori perdite, secondo il Cerved. Il fatturato previsto per il 2020 era infatti un miliardo e invece abbiamo incassato 200 milioni. Degli 800 milioni persi il 30% sono perdite di bilancio secche e quindi il sistema fieristico ha perso delle cifre davvero molto importanti”. Così, a distanza di circa un anno dallo scoppio dalla pandemia da coronavirus, Maurizio Danese, presidente di Aefi, l’Associazione di riferimento delle Fiere italiane, fa il punto, con Adnkronos/Labitalia, sugli effetti economici del virus sulle fiere italiane, che impiegano circa 120mila persone comprendendo la ‘prima’ fascia di indotto che è rappresentato dagli allestimenti, escludendo l’occupazione legata ai congressi.

Un settore in ginocchio, e poche le risorse arrivate finora a sostegno dallo Stato. “Delle risorse a fondo perduto annunciate per le Fiere italiane -spiega Danese- solo il 4% è stato erogato. Servono, e subito, i decreti attuativi per fare arrivare queste risorse alle imprese. Non c’è più tempo per aspettare”.

“Con il governo Conte bis -racconta Danese- sono stati stanziati dei fondi importanti per il ristoro delle perdite e delle spese delle Fiere. Provvedimenti che devono, però, ancora essere concretizzati e che attendono l’attuazione dal nuovo governo. Infatti, dei 408 milioni di euro a fondo perduto complessivi contenuti nelle varie misure, a oggi risultano erogati o in fase di liquidazione i 7,5 milioni di euro previsti dal fondo Mibact, a cui si aggiungono i primi 9 milioni di euro, su 52 mln di finanziamenti, previsti del decreto Agosto deliberati da Simest”, sottolinea Danese.

E per Danese, “visto l’impianto burocratico e legislativo delle misure adottate, pochissimo altro potrà entrare nelle casse delle fiere italiane”. “I fondi perduti così concepiti – spiega – risentono del fatto che i beneficiari potranno attingere a un massimo di 1,8 milioni di euro (il tetto massimo è stato innalzato, in origine era di 800mila euro) per effetto del regime ‘de minimis’ normato da Bruxelles. Inoltre, la regola ha un effetto insufficiente sui grandi organizzatori di fiere internazionali, come i quattro poli di Milano, Verona, Bologna e Rimini, che hanno accusato contrazioni per decine di milioni di euro, e porterebbero a casa pochissimo proprio a causa del de minimis”, sottolinea ancora il presidente di Aefi. E Danese ricorda anche che “al capitolo fondi perduti si aggiunge quello legato al credito d’imposta contenuto già nel decreto Crescita 2019 e rifinanziato con legge di Bilancio 2020. 45 milioni di euro per i quali non sono state definite a oggi le modalità applicative. Sulla buona strada i finanziamenti Simest per un totale di altri 450 milioni di euro”, aggiunge.

MA bisogna fare presto, secondo Danese, perchè della situazione di crisi potrebbero approfittare i competitor stranieri. “Stiamo lavorando -sottolinea Danese- con il governo per chiedere alla Commissione europea la deroga sul de minimis per il settore fieristico. Nel frattempo, la Germania ha deliberato 642 milioni di euro di aiuti per il proprio settore fieristico, già con il parere delle Commissione europea in deroga al de minimis. Quindi le fiere tedesche possono trovare all’interno di 642 milioni ristoro di tutte le perdite che hanno avuto. Noi chiediamo al governo di accodarsi al provvedimento fatto dalla Germania anche perchè altrimenti ci troveremo in un regime di concorrenza sleale vera perchè i nostri competitor stranieri hanno risorse statali con le quali potrebbero fare anche qualche acquisizione in Italia”.

“Il governo -insiste Danese- per evitare questo si deve attivare presso la Commissione europea per fare la stessa cosa che è stata fatta per la Germania”. Altrimenti, sottolinea Danese, “potremmo trovarci con il governo che stanza milioni di euro per promuovere il made in Italy nel mondo e poi lo strumento per promuoverlo non è più italiano ma straniero. Sarebbe assurdo”.

E per Danese, che è anche presidente di Verona Fiere, “il rischio inizia a essere pesante, visto che le fiere continuano ad accumulare perdite perchè sono chiuse ma i dipendenti sono al lavoro per quelle future. Il Salone del Mobile o il Vinitaly, per intenderci, non si organizzano dalla sera alla mattina, si deve lavorare per tempo per farli. Quindi, noi tutti stiamo sostenendo costi nella speranza della ripartenza ma se il governo non fa arrivare fondi prima o poi le macchine si spengono”.

E quindi per le Fiere la speranza è comunque quella di ripartire il prima possibile con le attività in presenza. “Noi crediamo -spiega Danese- che si possano riaprire le Fiere nel secondo trimestre dell’anno, compatibilmente con l’evoluzione della pandemia. Che sia aprile, che sia maggio, poi vedremo, ma la nostra speranza è quella lì”.

“Noi fin dalla prima ondata come Aefi abbiamo messo in campo dei protocolli di sicurezza, concordati con il Cts, e li abbiamo attuati. Protocollo che abbiamo rivisto anche ultimamente rendendolo anche più restrittivo, e possiamo quindi dire che oggi le Fiere si potrebbero tranquillamente riaprire in presenza”, aggiunge ancora.

Tante le misure messe in campo per la sicurezza. “Molte Fiere sono anche attrezzate -spiega- con sistemi di video sorveglianza che captano immediatamente eventuali assembramenti e quindi sono capaci di gestire queste anomalie. Oltre a una selezione molto più accurata del visitatore, sia perchè ci sarà sicuramente molta meno affluenza da parte straniera, sia perchè saremo molto più accurati nella gestione dell’incoming di visitatori e operatori all’interno delle nostre strutture”, aggiunge.

E in quest’ultimo anno le fiere hanno continuato a innovare. “Abbiamo fatto delle fiere digitali -racconta Danese- che ci hanno permesso di mantenere i contatti con i nostri clienti espositori e con i clienti dei clienti e abbiamo potuto verificare che l’on line è importante ma non sarà sostituivo delle fiere in presenza. Potrà essere un buon compagno di viaggio. Il Covid certamente ha fatto accelerare sulla digitalizzazione”, sottolinea.

Adesso però va recuperato il tempo perduto rispetto agli altri Paesi che sono già ripartiti. “Il sistema fieristico all’estero -sottolinea Danese- sta ricominciando a lavorare, in Cina, a Dubai, e questo ci fa ben sperare. In Italia, però, dovremmo accelerare sui vaccini. Negli Stati in cui il Sistema fieristico ha ripreso c’è stato un programma vaccinale molto più veloce”.

E anche sui vaccini le Fiere sono pronte a fare la loro parte. “Le Fiere italiane -spiega Danese- sono pronte per aiutare e dare il loro contributo nella campagna vaccinale. A Fiera Verona, di cui sono presidente, ad esempio, abbiamo un padiglione per le vaccinazioni e uno per i tamponi. Le Fiere si attivano in 3 secondi per ospitare attività di questo tipo, sono strutture grandi, e con protocolli già in essere. E quindi credo che le Fiere potrebbero essere utilizzate per aiutare la campagna di vaccinazione in Italia”.

“E come saremmo anche disponibili a comprare i vaccini per vaccinare i nostri dipendenti, in modo da mettere ancora più in sicurezza il nostro settore. Se io Fiera Verona potessi comprare vaccini lo fare domattina e vaccinerei subito i miei dipendenti”, conclude il numero uno di Verona Fiere e Aefi. (di Fabio Paluccio)

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