Hollande e Sarkozy al ballottaggio. La sfida si gioca anche sul nucleare

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Il ballottaggio per le Presidenziali francesi tra il presidente uscente Sarkozy e il socialista Hollande: la scelta decisiva anche per il futuro energetico della Francia

Il socialista François Hollande ha vinto, con il 28,6% delle preferenze, il primo turno delle elezioni francesi ed e’ considerato favorito al ballottaggio in programma il 6 maggio. Hollande si scontrerà in un testa a testa con il Presidente uscente, Nicolas Sarkozy, preferito solo dal 27,1%. A decidere il futuro della Francia saranno gli elettori che hanno votato in questo primo turno Marine Le Pen, leader del Front National, che ha incassato il 18% delle preferenze, un vero e proprio record per la destra francese.

Dopo il primo turno delle Presidenziali francesi, che hanno visto Hollande trionfante su Sarkozy, ci si prepara alla sfida del ballottaggio con quindici giorni di comizi in cui, inevitabilmente, tornerà a fare capolino il tema del nucleare. Nei dibattiti, Nicolas Sarkozy si prepara a colpire François Hollande sul suo programma di tagli alle centrali nucleari, una scelta che, se applicata, potrebbe comportare aumenti del 30% in bolletta e la fine del mito dell’indipendenza energetica francese. Indipendenza che Parigi, di certo, non vuole perdere.

Nicolas Sarkozy, ha più volte dichiarato che le scelte in campo nucleare non sono in discussione e che il nucleare deve essere sostenuto dallo Stato francese, anche per questioni di geopolitica. Diverse, invece, le posizioni dello sfidante socialista François Hollande, che da una parte lega il nucleare all’esigenza di limitare le emissioni di gas serra e dall’altra ipotizza una riduzione del contributo dell’energia nucleare che potrebbe scendere al 50% del fabbisogno nazionale entro il 2025 con la chiusura di 24 reattori su 58.

La scelta di Hollande, di limitare l’uso dell’energia nucleare, è dettata dall’appoggio del partito dei Verdi, ma cosa significherebbe per la Francia dire (in parte) addio al nucleare? Significherebbe non solo dire addio all’indipendenza energetica, ma significherebbe accollarsi una spesa da 60 miliardi di euro, esclusi i costi dello smantellamento delle centrali. E il tutto si tradurrebbe ovviamente nell’aumento del 35-40% del costo delle bollette.