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Giappone, 66 anni dopo Hiroshima il paese dice no anche al nucleare civile

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66 anni dopo la bomba atomica di Hiroshima oggi il Giappone commemora non solo il dolorosissimo anniversario della Seconda Guerra mondiale ma anche quello più recente di Fukushima. Va ripensato anche il nucleare a uso civile, secondo il premier giapponese Naoto Kan

Anche il nucleare a uso civile va riconsiderato. A 66 anni dal lancio dell’atomica su Hiroshima, la sfida, più urgente che mai, è andare oltre: la lezione di Fukushima deve spingere il Giappone a rivedere le sue politiche energetiche, in profondità. Una riflessione ripresa oggi sia dal sindaco della città martire che dal premier Naoto Kan. Kazumi Matsui, il sindaco della città distrutta il 6 agosto del 1945 dall’ordigno sganciato alle 8.15 dalla superfortezza americana volante B-29 ’Enola Gay’, ha espresso, davanti a decine di migliaia di persone riunite al Peace Memorial Park, tutti i suoi dubbi sul cosiddetto "uso pacifico del nucleare", in aggiunta allo storica battaglia, insieme alla città di Nagasaki, contro la proliferazione e per un mondo senza più l’atomica.

"L’incidente di Fukushima e le radiazioni che continuano ancora oggi a essere disperse, hanno creato paura diffusa e minato la fiducia sulla generazione elettrica dal nucleare. Il governo – ha affermato Matsui, figlio di un sopravvissuto alla tragedia del ’45, leggendo, dopo gli otto rintocchi di campana a coprire un interminabile minuto di raccoglimento e preghiera, la ’Dichiarazione sulla Pacé – deve accettare la situazione con onestà e rivedere velocemente le proprie politiche per riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica".

Da parte sua, il premier Naoto Kan ha scelto un posto dal forte carattere simbolico, teatro del primo olocausto atomico della storia dell’umanità, per dare maggiore spinta alla sua campagna sul distacco dall’atomo, a favore di fonti rinnovabili. Un impegno ’rivoluzionario’ che segna un cambiamento di rotta in un Paese che ha fino ad oggi fatto del nucleare il pilastro del suo sviluppo economico e industriale, unico al mondo a essere vittima di un disastro bellico e civile. (fonte: Ansa.it)

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