zanzare geneticamente modificati

Zanzare geneticamente modificate: una tecnica per prevenire le pandemie?

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Uno studio sperimentale propone di inserire zanzare geneticamente modificate nell’ecosistema per aiutare a combattere le malattie

La malaria è una malattia assai nota che, secondo i dati OMS del 2018, nelle zone in cui uccide è responsabile della morte di oltre 400.000 persone, di cui 250.000 sono bambini sotto i 5 anni.

Per questo, tra le sperimentazioni e gli studi attualmente in corso per capire come sradicare questa malattia c’è anche la cosiddetta tecnica del Gene-Drive, nonostante i quesiti etici che pone.

Come spiega la Fondazione Umberto Veronesi,

“I gene-drive, (o driver genetici), sono sistemi a eredità sbilanciata nei quali viene aumentata l’abilità di un elemento genetico di passare da un genitore alla prole. Grazie a queste biotecnologie è possibile creare in laboratorio delle zanzare geneticamente modificate le quali, liberate nell’ambiente, hanno la capacità di modificare in breve tempo il genoma dell’intera popolazione delle zanzare-vettore, rendendole sterili o incapaci di trasmettere la malaria”.

La questione è molto spinosa e anche molto discussa, in questo periodo: ne ha parlato Bill Gates in un post sul suo LinkedIn e le due scienziate che hanno individuato la tecnica del cripsr/cas9, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, hanno appena vinto il Nobel per la Chimica.

Il punto in discussione è quali sono i limiti etici di un tale agire.

Da una parte si potrebbe pensare di riuscire a prevenire l’esplosione di malattie zoonotiche, che vengono trasmesse dagli animali agli uomini – come il Covid-19 – dall’altra “una volta rilasciate nell’ambiente le mutazioni propagate attraverso gene-drive sono difficili da controllare e di fatto irreversibili“. Che fare?

Proprio di questo si occupa il paper della Fondazione Umberto Veronesi che, ragionando sugli studi attualmente in corso si chiede a cosa possa portare l’uso della genetica in ottica preventiva.

Ricordando che, tra le eccellenze del campo ci sono l’Istituto di microbiologia dell’Università di Padova diretto dal professor Andrea Crisanti, e il laboratorio del polo GGB di Terni, il Comitato Etico si esprime positivamente nei riguardi di questa tecnologia, non mancando però di sottolineare di quali attenzioni bisogna tener conto, sul piano dell’ecologia e della biodiversità.

 

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