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Secondo gli studiosi, basterebbe una ricerca incrociata per sapere quanti nuovi casi di sifilide ci saranno

Un gruppo di ricercatori californiani ha studiato le connessioni tra le attività online delle persone e il numero di nuovi casi di sifilide. Basandosi sui risultati di due studi separati, hanno affermato che la diffusione di questa malattia potrebbe essere prevista aggregando i post di Twitter e osservando la cronologia delle ricerche effettuale su Google.

Negli ultimi anni i casi di sifilide sono aumentati vertiginosamente. Questo ha spinto le autorità mediche a compiere ricerche approfondite sulle abitudini. I motori di ricerca e i social sono di “recente” invenzione ma di larghissimo utilizzo: secondo gli studiosi, si cercano informazioni sulla malattia e sui rischi sessuali solo quando si è davvero a rischio. Non solo, gli utenti dei social media hanno mostrato una crescente tendenza a parlare di salute sessuale e comportamenti a rischio. Nel bene e soprattutto nel male, i social raccolgono tutto di noi, spesso condizionandoci.

A partire da queste considerazioni, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie hanno dato via a due tipi d’indagine.

Nel primo studio, riguardante i risultati dei motori di ricerca, i ricercatori hanno utilizzato i dati dei diversi Centri per scoprire quanti casi settimanali di sifilide sono stati segnalati in ogni stato dal 2012 al 2014. Successivamente, hanno cercato 25 parole chiave correlate al rischio di sifilide prima, a partire dai dati delle query (argomenti) di Google Trends che includevano quelle parole chiave. Dai risultati, Google Trends risultava uno strumento attendibile per prevedere i futuri tassi di sifilide di uno stato.

Il secondo studio ha esaminato la possibilità di utilizzare i dati dei social media del 2012 per prevedere i casi di sifilide del 2013. I ricercatori si sono rivolti nuovamente al CDC per i dati sui casi di sifilide primaria, secondaria e precoce latente nel 2012 e 2013. Hanno quindi estratto più di 8.500 tweet geo localizzati negli Stati Uniti.

I post su Twitter sono stati filtrati perché includevano parole chiave collegate al rischio sessuale. Termini volgari sono stati inclusi come parole chiave. Come per le query online, anche i Tweet si sono dimostrati strumenti affidabili per prevedere la diffusione della malattia.

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