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Covid Italia, Uiltucs: senza stop licenziamenti 800mila a rischio nel turismo

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Roma, 21 gen. (Labitalia) – “Nel turismo contiamo quasi un milione e mezzo di occupati, il 70% in piccole e piccolissime imprese. E questi lavoratori, quindi 700-800mila, senza lo stop ai licenziamenti sono a forte rischio di trovarsi in mezzo a una strada con un settore che è completamente fermo e lo sarà anche per mesi dopo la fine dell’emergenza sanitaria”. E’ l’allarme che, intervistato da Adnkronos/Labitalia, lancia Stefano Franzoni, segretario generale aggiunto della Uiltucs, sindacato di categoria dei lavoratori del turismo sulla situazione ‘esplosiva’ nel settore.

“Fino a questo momento -spiega- grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori la situazione nelle medie e grandi imprese sta tenendo, mentre invece nelle piccole e piccolissime imprese abbiamo sentore, e anche comunicazioni alle nostre strutture territoriali, che qualche lavoratore sia vittima di licenziamenti ‘orali’ su cui noi interveniamo a sostegno del lavoratore. Ma senza il blocco dei licenziamenti il fenomeno esploderà”, aggiunge.

E per Franzoni “altre dodici settimane di cig Covid per il turismo non bastano assolutamente. Servono 12-18 mesi. Naturalmente, monitorando l’andamento del settore. Ma si deve avere il coraggio di riconoscere la specificità della crisi, che non è come quella degli altri settori, e questo è dimostrabile su dati oggettivi. Se l’emergenza sanitaria termina a maggio, non è che gli stranieri tornano subito a viaggiare e ad affollare le città d’arte. Gli italiani? Ma dopo un anno in cassa integrazione a 800 euro chi si potrà permettere di prenotare una vacanza?”.

E per Franzoni gli ammortizzatori “devono andare di pari passo con lo stop dei licenziamenti e anche con un intervento sui canoni di locazione delle piccole imprese che vanno aiutate in questo, altrimenti quando sarà finita l’emergenza avremo i licenziamenti bloccati ma non ci saranno più le aziende”, conclude amaro il sindacalista secondo cui, quindi, “lo Stato deve intervenire ristorando i proprietari dei locali e permettendo così alla piccola azienda, anche bar e ristorante, di restare in vita”.

Per il dirigente sindacale “è il momento di iniziare a distinguere le difficoltà dei diversi settori. Deve essere chiaro che il turismo, sulla base di dati oggettivi e verificabili, non è paragonabile agli altri settori per le difficoltà che sta attraversando e che continuerà ad attraversare anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Questo perché le persone non riprenderanno subito a viaggiare e a muoversi e quindi l’economia turistica non riprenderà subito, ci vorranno mesi rispetto ad altri settori. E per questo serve maggiore sostegno, va riconosciuta la sua specificità”.

E per Franzoni non potranno essere gli italiani a spingere il comparto, “perché avranno le tasche fiaccate da un anno di cassa integrazione a una media 800 euro”. “E le città d’arte, che hanno nel turismo straniero la loro forza, dovranno aspettare ancora tanto per ritrovare la loro capacità turistica”, sottolinea.

E sulla specificità del turismo in questa crisi il sindacato ha trovato l’assenso “del ministro Patuanelli, che in un recente incontro con noi e le parti datoriali dei pubblici esercizi lo ha riconosciuto e ha assicurato il suo impegno nello scostamento di bilancio, vediamo se riuscirà a mantenere la promessa”, continua.

E secondo Franzoni “da quando è scoppiata la pandemia, centinaia di migliaia di stagionali nel turismo non hanno trovato lavoro, né la scorsa estate né tanto meno in questa stagione invernale. E, visto che se non lavorano per lo loro non c’è neanche la Naspi, l’unico ‘ammortizzatore’ per loro è stato il sussidio dato dal governo ‘una tantum’ la scorsa estate e a novembre”.

Lavoratori stagionali che, sottolinea Franzoni, “in tutto questo tempo, non hanno neanche maturato contributi”. “Un intero anno perso, una cosa gravissima per il loro futuro previdenziale”, conclude.

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