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Pesca in crisi. In 10 anni crollo del reddito e dell’ occupazione. Quali soluzioni?

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Anni difficili per la pesca ma soprattutto per i pescatori che hanno visto calare il loro livello occupazionale e il proprio fatturato. Quali i provvedimenti allo studio e le ipotesi di lavoro per risolvere i problemi

 

La crisi economica si riflette sul comparto ittico che soffre da tempo per una situazione di difficoltà legata alle restrizioni sullo sforzo di pesca, alle nuove norme europee e al caro gasolio. Dati alla mano negli ultimi dieci anni il settore della pesca italiana ha registrato un calo della produttività pari al 48,8 %, una riduzione del fatturato pari al 31 per cento e un crollo dei livelli occupazionali pari a 17.000 posti di lavoro.

Non solo: al sovrapporsi della crisi produttiva, economica, occupazionale e ambientale, e al sempre più complesso processo di adeguamento alle norme Ue, pesa sull’andamento del comparto anche il predominio incontrastato dell’import e di un deficit in peggioramento di 3,5 miliardi di euro nel solo 2010. I pescatori italiani invocano misure urgenti, come la possibilità di accedere alle risorse residue del pacchetto anticrisi varato nel 2009. Anche perché i fondi destinati alla cosiddetta “Programmazione triennale” sono calati dal 2001 ad oggi del 77 per cento.

E chiedono la semplificazione della vendita diretta a Km zero per sostenere il reddito dei pescatori e tutelare nel contempo i consumatori con prodotti freschi e prezzi contenuti. Oltre a queste richieste “politiche”, gli operatori del settore mettono in atto iniziative volte da un lato a ridurre la pressione sugli stock ittici, e dall’altro ad aprire nuove opportunità di mercato. "Mangiamoli giusti" promosso da Slow Fish è un modo per “spostare l’attenzione” dei consumatori dalle "soliti noti" a specie ittiche spesso dimenticate ma non per questo meno gustose. Con tanto di cuochi-pescatori che si mettono ai fornelli nei ristoranti delle città italiane.

(Nereo Brancusi)

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