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Abitare sostenibile/ 10 i biomateriali, materiali a ‘impatto zero’

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Continua il viaggio del ‘dizionario’ dell’architettura sostenibile di Ecoseven.net, oggi tocca ai biomateriali, tutte sostanza biodegradabili. Come si produce un biomateriale e come si smaltisce? E non deve creare problemi o nuocere alla nostra salute

 

I biomateriali, o materiali per la bioedilizia, sono prima di tutto sostanze biodegradabili presenti in natura e lavorate il meno possibile. Essi devono tendere ad un “impatto zero”, richiedendo per la fabbricazione e per il successivo smaltimento un consumo di energia che sia il più ridotto possibile, generando, così, una produzione di rifiuti contenuta. Per classificare un materiale come biodegradabile, bisogna tenere conto di tutto il suo ciclo di vita e delle possibili ricadute che ogni fase può determinare sull’ambiente.

 

 

La biodegradabilità, ovvero la proprietà di essere decomposti grazie a batteri saprofiti, è propria sia delle sostanze organiche, che di alcuni composti sintetici. Ad esempio, anche molti materiali non rinnovabili possono essere considerati sostenibili, purché abbiano un processo produttivo efficiente dal punto di vista energetico, con basse emissioni inquinanti e una durata superiore a quella delle loro alternative rinnovabili. Tutti i composti organici naturali, come la carta, sono facilmente decomponibili, mentre tutti i prodotti sintetici moderni (esclusi quelli speciali, come la bioplastica) non possono essere decomposti dalla natura, poiché nessun batterio è capace di elaborare un enzima che semplifichi il materiale: il materiale, non verrà, quindi, assorbito dal terreno, restando identico nel tempo, contaminando l’ambiente e producendo spesso sostanze altamente nocive per la salute di persone e animali.

 

 

Principalmente, sono tre i requisiti per classificare un materiale come sostenibile: processi produttivi energeticamente efficienti e con ridotte emissioni inquinanti; inesistenza di emissioni nocive negli ambienti domestici dopo la messa in opera; lunga durata ed elevata riciclabilità al momento dello smaltimento. La bioedilizia privilegia la “vicinanza” e la facile reperibilità del materiale, in modo da ridurre i costi e l’inquinamento dovuto ai mezzi per il trasporto. Fattore altrettanto importante è la presenza di sostanze tossiche, ad esempio tinture e colle. Infine, i materiali sostenibili da scegliere dovranno avere qualità di coibentazione, igroscopicità (proprietà di assorbire l’acqua), isolamento e accumulo del calore.

 

 

I biomateriali più utilizzati sono: il legno, ottimo per l’isolamento termico, acustico, e per la sua elasticità, flessibilità e resistenza; la fibra di cellulosa, ottenuta dal riciclo e dalla trasformazione della carta, con buone capacità coibentanti e isolanti; i laterizi, costituiti da un impasto di argilla, sabbia e acqua, per la costruzione di elementi strutturali e tamponature (la scelta deve cadere su prodotti con argille la cui radioattività sia inferiore ai limiti prefissati); i blocchi cassero in legno cemento, utili per la costruzione di murature portanti; i blocchi in calcestruzzo e argilla espansa, per la costruzione di parti strutturali, con buone caratteristiche meccaniche, di isolamento termico e acustico, resistenza all’acqua, al fuoco, facilità ed economicità di posa in opera; il sughero, con ottime qualità isolanti, idrorepellente, atossico, traspirante, ininfiammabile, anallergico, resistente all’azione degli insetti e dei roditori, biologicamente puro e durevole nel tempo.

 

(Flavia Dondolini)

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