Edifici storici rovinati. Ecco quando il sale distrugge la pietra..

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Alcuni ricercatori del Politecnico di Zurigo, hanno cercato di studiare i danni del sale agli edifici storici in maniera piu’ approfondita, in modo da apprendere dei metodi di restauro più’ efficaci

Il degrado degli edifici di rilevanza storica è un problema che molto spesso impensierisce le amministrazioni pubbliche di molte città, che si trovano spesso a dover prendere delle complesse e delicate decisione legate al tipo di intervento di restauro da effettuare. Uno dei problemi più frequenti ad esempio, è legato all’azione corrosiva del sale, responsabile dei segni di invecchiamento mostrati dagli edifici.

Per questa ragione, alcuni ricercatori dell’Istituto per i Materiali da costruzione presso il Politecnico di Zurigo (ETH), hanno cercato di studiare i danni del sale agli edifici storici in maniera più approfondita, in modo da apprendere possibili metodi di restauro più efficaci.

L’azione corrosiva del sale, agisce soprattutto su quegli edifici storici particolarmente esposti ai venti marini (basti pensare alle città costiere o alle isole). Ma anche le città del deserto subiscono lo stesso effetto: un esempio sono il tempio di Petra, in Giordania o i templi di arenaria di Luxor, in Egitto.

I danni provocati agli edifici storici, in particolare, avvengono quando i sali cristallizzano all’interno dei materiali da costruzione porosi, sviluppando forza sufficiente perché la pietra si fratturi e si sbricioli (un problema che affligge anche gli edifici in cemento). 

I ricercatori dell’ETH di Zurigo hanno quindi condotto un esperimento per testare l’effetto dei sali in condizioni controllate, nella speranza che i risultati possano aiutare conservatori e restauratori di beni culturali nella prevenzione dei processi di alterazione delle costruzioni antiche.

Nei loro test, i ricercatori dell’ETH hanno usato il solfato di sodio, il sale più distruttivo che si conosca, esistente in due forme, anidra e idrata. In diversi cicli, i ricercatori hanno posto cubetti di calcare lunghi due centimetri in un bagno di solfato di sodio, consentendo alla soluzione di permeare i pori del calcare. Hanno quindi asciugato i cubetti, scaldandoli a temperatura elevata prima di introdurli nuovamente nel bagno di sale ad una temperatura inferiore al bagno precedente. Durante le fasi di essiccazione, il sale è cristallizzato nei pori della pietra in forma ‘anidra’. Durante la fase del nuovo bagno, la soluzione ha permeato di nuovo i pori e il sale è tornato in soluzione. Il procedimento è stato ripetuto più volte. Con queste fasi controllate, gli studiosi sono riusciti ad ottenere un accumulo di sale nella pietra ed una soluzione salina soprasatura, in cui il sale si scioglie in quantità superiore al normale. I test hanno quindi dimostrato che maggiore è la soprasaturazione, più il sale diventa distruttivo. Anche la temperatura gioca un suo ruolo: più è bassa, prima si verifica il danno. 

Per un edificio, questo significa che una pietra porosa che viene bagnata ripetutamente,  secondo le condizioni di temperatura, può andare incontro a danni considerevoli. Ma ciò significa anche che è possibile sviluppare nuovi metodi che consentano di limitare i danni in condizioni ‘controllate’ di temperatura. Per maggiori informazioni è possibile consultare questo sito.

(ml)

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