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Rifiuti/3 Come ridurre la produzione di rifiuti

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Roberto Prioreschi risponde alle domande si Ecoseven.net e ci consiglia come ridurre la produzione di rifiuti e quali Paesi l’Italia può prendere come esempio

Prosegue l’intervista di Ecoseven.net con Roberto Prioreschi,partner della multinazionale leader nella consulenza strategica e organizzativa Bain, sul ciclo dei rifiuti

 

Come riuscire a Ridurre a monte la produzione del rifiuto?

Per ridurre a monte la produzione dei rifiuti si può agire con due leve: la riduzione della produzione dei rifiuti lavorando sulle logiche ed abitudini di consumo e l’aumento del recupero del rifiuto prodotto così da limitare l’effettive quantità da smaltire.

Riguardo alla riduzione della produzione, è innanzitutto necessario distinguere tra i rifiuti di natura industriale e quelli provenienti dal contesto urbano. Nel primo caso il tema è stato affrontato in maniera più approfondita e le soluzioni sono prevalentemente legate alla realizzazione d’interventi di miglioramento dei processi produttivi, tese a ridurre gli “sfridi” di produzione.  In tal senso anche il fenomeno di crisi economica ha sensibilizzato ancora di più i produttori a tale aspetto con chiare azioni finalizzate a ridurre al massimo eventuali sprechi.

Per la produzione di rifiuti urbani (che comunque in Italia è allineata a quella Europea con circa 500Kg prodotti pro capite all’anno) bisogna ragionare di più sui “comportamenti”: sicuramente aumento della consapevole necessità di differenziare i rifiuti ma anche stimolare le imprese produttrici di beni di largo consumo a progettare prodotti  tenendo in considerazione i costi ambientali e sociali di ciascuna soluzione.  In tal senso già in alcune industrie la normativa prevede la responsabilità di tali costi sulle industrie stesse, aumentando la sensibilizzazione e diffondendo una migliore cultura di attenzione all’ambiente.

 

Quali sono i paesi da prendere ad esempio per la raccolta differenziata?

In Europa, il paese di riferimento per la raccolta differenziata è certamente la Germania. In seguito ad un processo pluriennale il paese è riuscito ad annullare il concetto di discarica, che unito ad una straordinaria  sensibilità della popolazione ha permesso di raggiungere percentuali anche superiori al 50%-60% di raccolta differenziata.

Questo è stato possibile da un lato grazie alle normative sempre più stringenti e dall’altro attraverso una grande attenzione all’educazione del cittadino: manuali, campagne di comunicazione, disincentivi, ecc; ad esempio il fatto che ad ogni cittadino è assegnata una quota massima di rifiuto indifferenziato, superata la quale il rifiuto non viene ritirato e diventa necessario pagare un sovrapprezzo (contattando l’azienda incaricata) o una salatissima multa (provando a disfarsene in maniere non corrette); oppure il lancio di campagne atte a ridurre decisamente gli imballaggi del prodotto.

Ma naturalmente tutto ciò non sarebbe stato sufficiente senza rilevanti investimenti indirizzati allo sviluppo impiantistico realizzati dai comuni tedeschi: non solo termovalorizzatori (7,5 miliardi di euro spesi negli ultimi 10/12 anni) ma anche impianti di trattamento meccanico biologico, di riciclaggio, ecc. Possiamo quindi dire, che si tratta di un approccio a 360 gradi orientato alla sostenibilità nel lungo periodo.

 

In Emilia Romagna è nata una Smart card grazie alla quale ogni cittadino può monitorare il ciclo di ogni rifiuto. La Smart Card serve ad incentivare la raccolta?

Ultimamente molte amministrazioni, in collaborazione con gli operatori incaricati del servizio di igiene urbana, stanno introducendo meccanismi volti a capire e monitorare le abitudini del cittadino. Iniziative come quella della Smart card, su cui basare campagne di comunicazione mirate e ad azioni volte a migliorare l’attenzione posta da ognuno di noi verso la raccolta differenziata, possono essere sicuramente strumenti importanti.

E’ bene però evidenziare che mentre nei paesi  o nelle regioni più avanzati da un punto di vista della “cultura del rifiuto” queste politiche possono avere un successo più immediato, in Italia potrebbe essere necessario collegarle anche a incentivi o disincentivi economici e fiscali. Così succede ad esempio in Trentino, dove in base ai volumi di raccolta indifferenziata prodotti da ciascun cittadino vengono definiti contributi addizionali. Tale modello funziona attraverso una chiave personale che dà accesso ai contenitori per la raccolta indifferenziata e a multe particolarmente severe qualora il rifiuto indifferenziato venga conferito erroneamente. 

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