Diritto alla dieta vegetariana, anche in carcere

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La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta di un detenuto del carcere di Novara che chiedeva, per motivi religiosi, una dieta vegetariana

 

Essere in carcere non significa perdere i diritti dell’uomo. A dimostrarlo e’ una sentenza della Corte di Cassazione che accoglie la denuncia di un detenuto del carcere convinto che la casa circondariale violasse i suoi diritti non permettendogli una dieta vegetariana e l’ingresso nel carcere di un maestro buddista zen. Il Magistrato di sorveglianza in risposta alle istanze del detenuto, si era limitato a consigliare alla direzione della casa circondariale di sostituire l’azienda che forniva i pasti, rinviando la questione relativa all’ingresso del maestro buddista in carcere ad una decisione del Ministero. In pratica, il magistrato non aveva impartito specifiche disposizioni, ma la Corte di Cassazione ha imposto al Magistrato di decidere sul reclamo formulato dal detenuto, richiamando anche all’attenzione i fatto che deve essere garantito ad ogni detenuto  ‘Il diritto di libertà di culto religioso, rispetto al quale la dieta vegetariana deve ritenersi un corollario di pratica rituale’.

Il problema non è la prima volta che si presenta. La Corte europea con la sentenza n. 18429/06 (Jakobski contro Polonia) aveva sanzionato la Polonia per non aver fornito pasti vegetariani a un detenuto buddista, richiesta del detenuto legata alla religione. Ma non solo. Sempre la Corte Europea è arrivata a condannare la Romania per non aver fornito a un detenuto moldavo una dieta vegetariana.

 

Dieta vegetariana, invece, per tutti gli otto carceri della contea dello sceriffo Joe Arpaio, in Arizona, dove la scelta è dovuta a motivi economici: una dieta senza carne pesce garantirebbe un risparmio intorno ai 100mila dollari.  

gc

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