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I NEET in Italia: i giovani che non lavorano e non studiano

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Chi sono i NEET e perché gli ultimi dati Istat sono preoccupanti

I NEET – acronimo inglese di Not in employment, education or trainingsecondo i dati del rapporto annuale dell’Istat sono quasi 1,7 milioni in Italia. Il tasso italiano di NEET supera quello medio europeo (11,7%) di oltre 7 punti, piazzandosi secondo, dopo la Romania.

Con questo acronimo per l’esattezza si intende giovani tra i 15 e i 29 anni che in Italia, nel 2022 non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione.

Le categorie più colpite sono: le ragazze (20,5%), i residenti del Mezzogiorno (27,9%), gli stranieri (28,8%).

Nel caso delle ragazze straniere la percentuale è altissima, arrivando quasi al 38%.

Secondo l’Istituto di statistica, “favorirne l’ingresso nel sistema formativo e nel mercato del lavoro potrebbe contribuire a ridurre la dissipazione del capitale umano dei giovani, risorsa sempre più scarsa nel prossimo futuro”.

Facendo un confronto con la media europea, i giovani italiani tra i 15 e i 29 anni presentano una quota di partecipazione al lavoro (33,8 per cento) più bassa di oltre 15 punti percentuali, e una scarsa diffusione degli studenti-lavoratori, che nel nostro Paese rappresentano il 6 per cento dei giovani di questa classe di età, mentre nella media europea sono il 16,7 per cento.

La quota di Neet, in linea con quanto osservato a livello europeo e con le dinamiche del mercato del lavoro, registra una crescita di 7 punti percentuali tra il 2007 e il 2014, seguita da una riduzione – interrotta solo dalla crisi pandemica nel 2020 – che nel 2022 ha finalmente fatto tornare il livello prossimo al minimo del 2007.

Oltre i tre quarti dei Neet (76,5 per cento) vivono da figli ancora nella famiglia di origine e solo un terzo (33,7 per cento) ha avuto precedenti esperienze lavorative, valore che varia tra il 6,8 per cento per chi ha meno di 20 anni, il 46,7 per cento per chi ha 25-29 anni.

Luna Riillo

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