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Solare termodinamico: un nuovo chip aumentera’ l’efficienza degli impianti

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Per produrre piu’ energia pulita, alcuni ricercatori dell’Universita’ di Stanford hanno potenziato un nuovo chip in grado di aumentare l’efficienza degli impianti solari a concentrazione

Un nuovo chip aumenterà presto l’efficienza degli impianti solari termodinamici. E’ quanto sostengono alcuni ricercatori dell’Università di Stanford, che recentemente, sono riusciti a potenziare le caratteristiche di un innovativa cella solare, in grado di catturare e sfruttare insieme la luce e il calore della radiazione solare.

La nuova cella solare, battezzata col nome di ‘PETE’ (Photon Enhanced Thermionic Emission), avrebbe, in particolare, la capacità di produrre più energia pulita grazie ad uno speciale chip di semiconduttori che, a differenza delle celle fotovoltaiche convenzionali, sarebbe in grado di catturare l’intero spettro solare, comprese le lunghezze d’onda dei raggi infrarossi. Ovviamente, per ottenere questo risultato, gli scienziati della Stanford hanno dovuto sostituire il classico silicio con il nitruro di gallio, (per la realizzazione della nuova cella solare), aggiungendo anche un secondo strato metallico a base di cesio, per accrescere ulteriormente il numero di elettroni utili all’incremento della produzione elettrica.

Per produrre energia pulita attraverso le celle fotovoltaiche infatti, la luce solare, solitamente, deve colpire un cristallo di silicio, generando un elettrone carico negativamente ed una lacuna (ossia una ‘quasiparticella’ caratterizzata da un’assenza di elettrone) caricata positivamente. Ovviamente, occorre sapere che in elettronica la lacuna è, insieme all’elettrone, uno dei due portatori di carica che contribuiscono al passaggio di corrente elettrica nei semiconduttori ed è quindi un elemento necessario affinché un sistema fotovoltaico possa produrre energia. Sulla base di questo principio, è stato inoltre osservato e stabilito che le celle solari di silicio tradizionale, utilizzino una parte della lunghezza d’onda dello spettro luminoso, (a differenza del chip ‘PETE’),  generando in questo modo soltanto una singola coppia elettrone-lacuna per ogni fotone in arrivo, con un’efficienza energetica massima raggiungibile che non può superare il 33%.

Il chip solare ‘PETE’, grazie ai nuovi materiali utilizzati, riuscirebbe invece ad oltrepassare questo limite massimo di efficienza, attraverso un particolare meccanismo conosciuto come ‘effetto termoionico’ (detto anche effetto termoelettronico), che consiste nell’emissione indotta termicamente di particelle cariche (gli elettroni) da parte del nuovo metallo a base di cesio, riscaldato ad alta temperatura grazie alla radiazione luminosa.

Il nuovo chip PETE, grazie a questi straordinari risultati raggiunti durante i test di laboratorio, dovrebbe presto essere integrato, secondo gli scienziati, nei grandi impianti solari a concentrazione, con l’obiettivo di aumentare la loro attuale produzione elettrica del 50% in più.

(Matteo Ludovisi) 

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