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Covid-19 e rischio di ictus

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I pazienti COVID hanno maggiore rischio di ictus, secondo un nuovo studio

Un nuovo studio aggiunge alla crescente evidenza che i pazienti COVID-19 hanno un rischio aggiuntivo di ictus. I ricercatori hanno analizzato i dati su oltre 20.000 adulti statunitensi ricoverati in ospedale con COVID-19 tra gennaio e novembre 2020. L’analisi ha rilevato che il loro rischio di ictus era maggiore rispetto a pazienti con altri tipi di infezioni, compresa l’influenza.

Anche se non è ancora chiaro il motivo per cui questo accada, gli scienziati hanno rilevato che l’1,4% dei pazienti COVID ha avuto un ictus confermato dalla diagnostica per immagini. Di questi:

  • il 52,7% ha avuto un ictus ischemico (causato dal blocco del flusso sanguigno al cervello);
  • il 45,2% ha avuto un sanguinamento o un tipo di ictus non specificato;
  • il 2,5% ha avuto un attacco ischemico transitorio (chiamato anche mini-ictus o TIA).

I pazienti COVID che hanno subito un ictus avevano maggiori probabilità di essere maschi (64%) e anziani (età media: 65 anni) rispetto a quelli che non avevano avuto un ictus (età media: 61 anni).

Lo studio ha rivelato che il 44% dei pazienti con ictus ischemico aveva il diabete di tipo 2, rispetto a circa un terzo dei pazienti che non avevano un ictus.

Otto pazienti su 10 con ictus ischemico avevano la pressione alta, rispetto al 58% dei pazienti non colpiti da ictus.

I pazienti colpiti da ictus hanno trascorso una media di 22 giorni in ospedale, 12 giorni in più rispetto ai pazienti che non hanno avuto un ictus. Le morti in ospedale erano più del doppio tra i pazienti colpiti da ictus (37%) rispetto a quelli senza ictus (16%).

I pazienti neri rappresentavano il 27% dei pazienti COVID nello studio e il 31% dei casi di ictus ischemico, secondo i risultati presentati in una riunione virtuale dell’American Stroke Association. La ricerca presentata alle riunioni è generalmente considerata preliminare fino a quando non viene pubblicata in una rivista peer-reviewed.

Sempre più evidenze portano a dire che “il coronavirus non è solo una malattia respiratoria, ma una malattia vascolare che può colpire molti sistemi di organi“, come ha detto il dottor Saate Shakil, autore principale dello studio, in un comunicato stampa dell’incontro.

 

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