Salute, alla scoperta dei farmaci generici

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I farmaci generici hanno gli stessi effetti di quelli ‘firmati’ e sono altrettanto sicuri? Per conoscerli meglio e per capire perchè in Italia non sono così diffusi come nel resto d’Europa abbiamo intervistato il presidente di AssoGenerici, Giorgio Foresti

L’Italia ha una forte necessità di tagliare la spesa pubblica e arrivare al pareggio di bilancio. Per ridurre la spesa sanitaria, sarebbe molto importante diffondere l’uso dei farmaci generici che avrebbe un effetti positivo anche sul portafoglio dei cittadini. Ma i cosiddetti equivalenti sono affidabili? Per saperne di più Ecoseven.net intervista Giorgio Foresti, presidente di AssoGenerici, l’associazione che rappresenta aziende farmaceutiche, con sede in Italia interessate alla produzione e distribuzione di medicinali generici.

Presidente può spiegarci cos’è un farmaco generico?

Gli equivalenti sono farmaci che presentano lo stesso principio attivo, nella medesima dose, la stessa forma farmaceutica, la stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni terapeutiche del farmaco originale del quale è scaduta la copertura brevettuale. Rispondono dunque agli stessi criteri di qualità, efficacia e sicurezza dei farmaci di marca corrispondenti ma a un prezzo inferiore, perché non risentono dei costi di ricerca e di commercializzazione.
 
 
Di fatto dunque il generico ha gli stessi effetti di un farmaco “firmato”?
 
I farmaci equivalenti, per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) devono rispondere, per legge, al requisito della “bioequivalenza” alla specialità medicinale di riferimento. Questa rappresenta un principio fondamentale poiché attesta che il farmaco registrato e il generico, hanno lo stesso comportamento terapeutico qualitativo e quantitativo. Quando un equivalente arriva in farmacia, significa che il Ministero della Salute ha accertato che il suo comportamento è sovrapponibile a quello del medicinale di riferimento.
 
 
Il mercato dei farmaci generici in Italia è cresciuto negli ultimi anni?
 
Il mercato italiano degli equivalenti è ancora caratterizzato da volumi di vendita abbastanza bassi. A dieci anni dall’introduzione del generico infatti quest’ultimo copre ancora una fetta residuale di mercato, pari al 12%. Se pensiamo però che dieci anni fa solo 1 paziente su 100 lo utilizzava si può considerare questo risultato incoraggiante. Non vi è dubbio che nel nostro Paese il generico abbia ancora vasti margini di crescita purchè vengano attuate misure reali di supporto a questo settore soprattutto considerando che le prossime scadenze brevettuali con i conseguenti risparmi per il SSN potrebbero portare a una nuova fase di lancio degli equivalenti puri.
 
 
Una diffusione dell’uso dei farmaci generici potrebbe giovare di molto al Servizio sanitario Nazionale?
 
Il generico non solo è un farmaco sicuro ed efficace ma rappresenta anche uno strumento per contenere la spesa pubblica. Promuoverne l’uso e quindi generare un risparmio per il SSN e per i cittadini significa avere più risorse per aumentare l’accesso alle cure di ultima generazione.
Se il nostro paese si avvicinasse infatti ai livelli di penetrazione del farmaco generico raggiunti in Europa si potrebbe ottenere un risparmio per il SSN superiore ai 900 milioni di euro su base annua rispetto al livello di spesa attuale.È però necessario attuare al più presto politiche indirizzate ad aumentare i volumi di vendite e a favorire l’allineamento dell’Italia alle dinamiche del mercato europeo.
 
 
 
Altri paesi europei hanno legislazioni che favoriscono maggiormente la diffusione di questo tipo di farmaci?
 
Nei Paesi europei già da tempo i Governi hanno attuato politiche orientate a incoraggiare l’uso degli equivalenti. In media nei mercati farmaceutici europei gli equivalenti rappresentano circa il 60% delle unità vendute, contribuendo per il 40% della spesa e generando al contempo 18 miliardi di euro di risparmi all’anno.
 
 
 
In Spagna recentemente è stata fatta una legge per ridurre la spesa sanitaria che impone ai medici di indicare nella ricetta il principio attivo e non il nome del farmaco. Sarebbe utile una normativa del genere in Italia? Perché?
 
La recente legge spagnola rappresenta un esempio importante. In Gran Bretagna, anche senza una legge al riguardo, la stragrande maggioranza delle prescrizioni riporta solo il principio attivo. Questo, oltre a favorire la dispensazione in farmacia del generico ha una funzione educativa, perché abitua il paziente a considerare che quel che conta è il principio attivo, non il nome o la confezione. In Italia, invece, fin dall’Università i medici sono abituati a ragionare in termini di nomi commerciali; personalmente ritengo che i cambiamenti debbano realizzarsi attraverso un’azione sul piano culturale, ma è chiaro che la Spagna dovendo confrontarsi con problemi immediati ha fatto bene a promuovere un comportamento che nei paesi leader europei è considerato non solo corretto, ma naturale.
 
(Alessandra Severini)
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Assogenerici, farmaci, generici, Giorgio Foresti, servizio sanitario nazionale, spesa pubblica

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