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Rifiuti 1 / Troppa discarica e poca raccolta differenziata: gli errori dell’Italia

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Poca differenziata, pochi rifiuti trasformati in energia, un ricorso eccessivo alla discarica e poca capacità di immaginare il futuro. Ecco i principali errori dell’Italia in materia di rifiuti secondo Roberto Prioreschi, partner di Bain ed esperto nel settore

 

Palermo, Pescara, Roma, e naturalmente l’eterna emergenza a Napoli ed in Campania. In Italia il rapporto con i rifiuti sta diventando sempre più complicato, e sono sempre di più che città che rischiano di non sapere dove smaltire o conferire l’immondizia che producono.

Abbiamo chiesto un parere ad un esperto nel settore della gestione del ciclo dei rifiuti, Roberto Prioreschi, partner della multinazionale leader nella consulenza strategica e organizzativa Bain.

Dottor Prioreschi, qual è, allo stato dell’arte, il ciclo di vita di un rifiuto in Italia ed i principali Gap?

Le fasi del ciclo di vita del rifiuto sono sostanzialmente 3: Raccolta, volta a collezionare i rifiuti e a trasportarli agli impianti; Trattamento, che si concentra sulla modifica e sull’alterazione dei rifiuti per renderne più agevole il recupero ed efficiente la gestione; Smaltimento, che consiste nella destinazione finale del rifiuto

Le caratteristiche e la rilevanza di ciascuna di queste fasi però varia notevolmente secondo la tipologia di rifiuto considerato: in Italia sono stati contabilizzati nel 2011 circa 160 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno (considerando anche i sottoprodotti), la grande maggioranza dei quali di provenienza industriale e dal settore delle costruzioni e demolizioni (oltre 130 milioni di tonnellate per le due categorie), che hanno logiche di gestione e di trattamento a sé stanti. 30 milioni di tonnellate sono i cosiddetti sottoprodotti (rifiuti che vengono prodotti da un impianto di trattamento ed inviati ad un impianto di destinazione).

Dei 70 milioni di tonnellate di rifiuti effettivamente prodotti in Italia (urbani e speciali), circa il 30% va in discarica, il 23% trattato in impianti chimico fisici, il 20% viene recuperato, il 13% destinato a Waste-to- Energy, il 7% a compostaggio o digestione anaerobica e ben il 5% esportato.

Interessante notare come tale percentuale di recupero provenga prevalentemente dalla raccolta differenziata che ha ormai raggiunto il 37% sui volumi prodotti di rifiuti urbani (circa 32 milioni di tonnellate).

Guardando il panorama internazionale i grandi gap del sistema italiano si riassumono in una raccolta differenziata che raggiunge il 37% rispetto a benchmark internazionali che raggiungono il 60-70%; l’utilizzo di soluzioni Waste-to-Energy pari al 13% e ancora lontani dai benchmark Europei del 20-25%; rilevanti fenomeni di esportazione.

Su tali gap (incremento raccolta differenziata e, soprattutto, sviluppo impiantistico del Waste-to Energy) si deve continuare a lavorare ed investire nei prossimi anni.

Quali sono i principali errori che secondo lei abbiamo commesso, che hanno portato a situazioni come quella di Napoli o Palermo?

Per operare nel settore dei rifiuti è necessario adottare un’ottica di medio-lungo periodo, in quanto gli investimenti richiedono mediamente un periodo di realizzazione che va dai 2 ai 4 anni. In quei territori caratterizzati da una forte rilevanza delle discariche, quali appunto Napoli o Palermo, sarebbe stato quindi necessario avviare già da tempo una profonda riflessione sulle iniziative da adottare e concentrare, appunto, su incentivi per sviluppare il livello di raccolta differenziata, ovvero avviando per tempo investimenti volti all’adeguamento del sistema impiantistico.

Si è invece arrivati ad una situazione di forte emergenza, che da un lato spinge verso soluzioni di breve termine o “tampone” e dall’altro è stata tale da generare un forte scontento nei cittadini. L’impatto dei disservizi creati e la coscienza che le decisioni prese non avrebbero risolto ma solo rinviato i problemi hanno reso ancora più complessa l’assunzione delle scelte e la loro implementazione.

Il vero problema è che altre zone italiane, quali ad esempio Lazio e Abruzzo, potrebbero presto ritrovarsi nella stessa situazione: sarà quindi necessario avviare al più presto un processo volto a dotare quelle regioni di un’impiantistica adeguata, che permetta di recuperare il rifiuto o di trasportarlo in territori con una situazione impiantistica non satura e di farlo in tempi rapidi per evitare le situazioni di emergenza vera di Napoli o Palermo. Chiaramente anche i vincoli normativi, quali la bacinizzazione dei rifiuti urbani all’interno degli ATO di pertinenza, può essere elevata a livello regionale e facilitare la saturazione degli impianti.

 

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