Terremoto: a rischio 3300 posti di lavoro

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Coldiretti lancia l’allarme per le zone colpite dal sisma: agricoltura in difficoltà

Nei 17 comuni colpiti dal sisma l’agricoltura rischia una battuta d’arresto e di conseguenza è incerto il futuro di 3300 posti di lavoro. In queste zone la densità di aziende agricole è molto alta, solo 7 ogni 100 abitanti; la media nazionale è 2,7.

Tra manodopera familiare ed esterna, le campagne delle zone colpite – sottolinea Coldiretti – danno lavoro a migliaia di persone, contribuendo in modo importante all’economia di quei territori. Sotto il profilo dell’orientamento produttivo – sottolinea la Coldiretti – emerge che la percentuale maggiore di superfice agricola utilizzata è destinata a prati permanenti e pascoli (71,7% rispetto al 26,7% del dato nazionale) a conferma del deciso orientamento verso le attività di allevamento con 55.961 animali e il prevalere quasi ovunque delle pecore anche se i bovini sono presenti a Norcia, Cascia e Amatrice. Le aziende agricole censite nell’area del cratere – precisa la Coldiretti – sono 1.894, di cui quasi il 35% (pari a 658 aziende) presenti nei territori perugini dell’Umbria, seguiti dalle Marche (582), dall’Abruzzo con 372 e dal Lazio con 282 aziende nel reatino delle quali 181 ad Amatrice, le più danneggiate.

La maggior parte delle aziende è di tipo familiare condotte direttamente dal coltivatore (91,9%) e strutturate in forme giuridiche prevalentemente individuali (88,2%) L’agriturismo tocca quota del 25% ed è particolarmente presente nei comuni dell’Umbria (33%), soprattutto a Norcia (50%) e a Preci (75%) mentre nelle Marche le quote principali sono a Montefortino (45,5%), Montegallo (50%) e Montemonaco (85,7%). “Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola con una significativa presenza di allevamenti di pecore e bovini che occorre ora sostenere concretamente per non rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare la necessità che “la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo”.

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