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Il villaggio ideale: Crespi d’Adda

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Crespi D’Adda era il villaggio ideale: casette individuali con giardino e una centrale idroelettrica che alimenta gratuitamente il villaggio operaio

Il villaggio Crespi d’Adda prende nome dalla famiglia di industriali cotonieri lombardi che a fine Ottocento realizza un moderno “Villaggio ideale del lavoro” accanto al proprio opificio tessile, lungo la riva bergamasca del fiume Adda. Per i criteri secondo cui Crespi d’Adda offre un esempio eminente di un complesso architettonico che illustra un periodo significativo della storia umana ed esempio di insediamento umano rappresentativo di una cultura, il villaggio è stato accolto nei siti patrimonio dell’Unesco. 

Cristoforo Benigno Crespi, fabbricante di tessuti proveniente da Busto Arsizio (Varese), acquista, nel 1875,  un kmq di terreno nell’avvallamento situato tra le rive del Brembo e dell’Adda, con l’intenzione di avviare una filatura di cotone sulle rive dell’Adda. Durante la progettazione egli decide di edificare in prossimità della filatura alcune abitazioni di tre piani, dotate di più appartamenti, e destinate alle famiglie dei suoi operai. La costruzione viene intrapresa nei primi mesi del 1878 sul modello allora abituale in Europa. 

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Quando il figlio del fondatore, Silvio Benigno Crespi, subentra alla direzione della fabbrica nel 1889, conclude e modifica il progetto iniziale secondo un approccio urbanistico differente e un’ideologia meglio definita. Si rinuncerà ai grandi palazzotti a più alloggi e si preferirà delle casette individuali con giardino, certamente più appropriate in un villaggio in cui tutto avrebbe girato intorno ai ritmi e alle esigenze della fabbrica.

Crespi aveva fatto senza dubbio la giusta scelta perché nel corso di più di cinquanta anni non ha conosciuto né scioperi né conflitti sociali. In prossimità delle piccole case da vita ad una centrale idroelettrica che alimenta gratuitamente il villaggio operaio,fa sorgere un ospedale, una cooperativa, una scuola, un piccolo teatro, un centro sportivo, una canonica per il prete locale, un ambulatorio per il medico locale, e altri servizi collettivi. Silvio Benigno Crespi farà edificare anche delle costruzione più simboliche come la chiesa, il castello (dimora della famiglia Crespi ), gli uffici amministrativi all’interno della fabbrica e a sud delle case degli operai, le case per i proprietari (le prime due costruzioni datano gli anni 1890 e le ultime i primi anni 1920).

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La crisi del 1929 e la severa politica fiscale del governo fascista obbliga la famiglia Crespi a vendere tutto il villaggio alla STI, impresa italiana del tessile, che a sua volta la dovrà cedere  nel 1970 alla Rossari e Varzi, la quale venderà la maggioranza delle case. Il villaggio passa in seguito alla società Legler. Lo stabilimento appartiene attualmente al gruppo industriale Polli.

Il villaggio nell’insieme ha una forma geometrica regolare. Esso è diviso in due parti dalla ampia strada che porta a Capriate. L’edificio della fabbrica unico e compatto con delle decorazioni medioevali è situato nella parte destra della cittadina, sulla riva sinistra dell’Adda. La costruzione ospita gli uffici disegnati da Ernesto Pirovano, architetto di un grande numero di costruzioni realizzate ai tempi di Silvio Benigno Crespi .

Dall’altra parte della strada si trovano le abitazioni, costruite su tre raggi, all’interno di un quadrilatero regolare di vie di circolazione. 

La chiesa è stata disegnata sul modello del tempio di Bramante di Santa Maria in Piazza, a Busto Arsizio (città natale dei fondatori della società). La sua costruzione comincia nel 1891 e dura due anni. La chiesa è situata a nord del villaggio, su di una area dove trovano sede pure la scuola e il teatro. 

Nell’insieme il villaggio di Crespi d’Adda ricorda il periodo romanico gotico, anche per il ricorso a una certa diversità di materiali, come la pietra di Capriate (il ceppo), il mattone e il cemento. Il cimitero è a sud del villaggio. Esso è dominato dal mausoleo della famiglia Crespi, una struttura di stile Art Noveau che si deve a Gaetano Moretti.

(red)

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