La tecnologia del futuro? Si fa pedalando

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Cosa sappiamo sull’energia prodotta dai pedali e sulle sue applicazioni? Molti credono che i pedali siano fatti solo per le biciclette, quando invece ci aprono un mondo. Vediamo di cosa si tratta

Per chi ama andare in bicicletta la conclusione di questo articolo è senza dubbio: diamo spazio alla ricerca sulle tecnologie a pedali. Ma conviene ripercorrere – stavolta informandoci – le ragioni fondamentali di questa passione per i mezzi a pedali.  

La nostra società e, soprattutto, la ricerca tecnico-scientifica viaggiano in molte direzioni. C’è fortunatamente anche chi punta su energie e tecnologie sostenibili e rinnovabili come risposta alla diminuzione d’uso dei combustibili fossili. Il solare innanzitutto, ma anche energie meccaniche recuperabili e sfruttabili per diminuire costi energetici ed impatto ambientale.

Nel nostro caso parliamo di energia prodotta dal movimento dei pedali azionati da forza umana. E partiamo dal considerare il fatto che per aumentare l’efficienza energetica di un generatore a pedali converrebbe utilizzarlo senza accumulare l’energia stessa prodotta, ma alimentando direttamente apparecchi e dispositivi. Se ne sono accorti diversi scienziati già dal 1800, per arrivare ai nostri giorni, in cui si lavora sull’efficienza del mezzo meccanico, cioè sugli ingranaggi, sui rapporti e sulla trasmissione, per rendere questi macchinari ancora più performanti.

Un problema notevole di queste tecnologie è che siano state quasi completamente abbandonate nel nostro emisfero occidentale. I rari casi in cui l’energia meccanica prodotta dai pedali ha ancora qualche rara strada “commerciale” è la mola dell’arrotino installata su vecchie biciclette o, un’idea più recente, la Fender Blender, una bicicletta priva delle ruote, dotata di un volano anteriore comandato a pedali che innesca un frullatore. Saliti alla cronaca nei tempi più recenti – ne abbiamo trattato ampiamente suecoseven.net – sono i concerti alimentati dalle bici o gli hotel in cui l’energia viene recuperata dalle cyclette montate nella spa dell’albergo. 

Tutt’altro accade in sud America, in India, in Africa. In Guatemala l’ONG Mayapedal (www.mayapedal.org) costruisce pompe per l’acqua, trebbiatrici, smerigliatrici, lavatrici, sgranatoi ed altri attrezzi come macine utili a tritare semi, grani, frutta, ecc. Certo è che mentre l’utilizzo dei pedali per l’accumulo di energia in batterie risulta poco efficiente con una perdita che si aggira intorno al 70%, l’uso di queste vecchie e nuove invenzioni potrebbe tornare presto in auge. I pionieri e gli sviluppatori di queste tecnologie sono per lo più ONG: VitaGoat, Malnutrition Matters, Chocosol. Ma anche singoli inventori, creativi ed intraprendenti, che cercano di offrire soluzioni tecnologiche a basso costo per intere popolazioni e Paesi in via di sviluppo.

Se facciamo un tuffo nel passato troviamo invenzioni molto interessanti, alcune delle quali hanno dato spunto a progetti moderni. Sono idee e realizzazioni degli anni settanta dello scorso secolo: l’Energy Cycle, il Dynapod, lo Human Powered Flywheel Motor, la Pedal Power Unit e il Dual-Purpose Bicycle. 

Tra questi il Dynapod è forse il più complesso ma il più performante: un congegno multiuso azionato a pedali e dalla forza di uno o due uomini. L’apparecchio era in grado di muovere pompe, smerigliatrici, macchine vagliatrici, soffiatori per fucine, trapani ed altri utensili da laboratorio, ruote per torni, nebulizzatori per vernici, seminatrici, mole, sgranatoi trebbiatrici, seghe, pompe meccaniche e cucitrici. Il Dynapod era addirittura in grado di produrre energia elettrica.

Queste macchine poco hanno a che fare con la bici, anzi a dire il vero quasi nulla, se non il fatto di essere azionate a pedali dalla forza umana. Ma hanno fatto riflettere l’uomo sulla forza motrice prodotta dal suo movimento. La stessa poteva servire non solo alla sua mobilità, ma anche ad applicazioni statiche. Senza considerare il ridottissimo impatto ambientale e l’altissimo beneficio per la salute personale e pubblica. Restando in materia di saving energetico il principio in base al quale l’aratro dovesse essere azionato da macchine o animali in movimento venne appunto contraddetto da queste invenzioni che attraverso l’azionamento di un un verricello a pedali permettevano e permettono l’aratura di un campo, senza comportare uso di carburanti o bestiame. Forze umane impiegate per necessità, una volta ritenute soluzioni per poveri, perché faticose, oggi possono diventare tecnologie e macchinari attuali nella discussione sulla sostenibilità, anche nell’occidente più industrializzato.

Il cosiddetto motore a volano in cui è l’uomo con la sua pedalata ad innescare il movimento ed il volano ad amplificarlo è lo strumento che dà più potenza di quella impiegata per produrla, la vera “rivoluzione” nel rapporto tra forza impiegata ed energia risultante. Siamo sul finire degli anni settanta ed un indiano sviluppa la Human Power Flywheel Motor, un motore a volano capace di restituire molta più potenza rispetto a quella impiegata dall’uomo per azionare il congegno. Il suo inventore ne fece una macchina per la produzione di mattoni. Ancora oggi serve per recuperare l’acqua, tornire il legno o tagliarlo, battere il ferro e, anche in questo caso, produrre energia elettrica. L’invenzione ha queste potenzialità: amplificare la forza umana da venti a sessanta volte. 

La scienza ci dice che un uomo può esprimere nel breve periodo una forza pari a 300 watt ora e 100 watt ora per periodi più prolungati. Facciamoci due conti da non competenti in materia. Se in un’ora riesco a produrre 100 watt azionando un congegno meccanico in grado di moltiplicare fino a 60 volte l’energia da me prodotta, questo significa che otterrò potenzialmente 6 chilowatt ora.

Passando oltre l’osservazione del passato o dell’attualità dalla quale ci troviamo geograficamente ed economicamente distanti, dobbiamo comprendere ancora alcuni meccanismi fondamentali che possano rendere queste macchine appetibili. Cellulari, televisori e computer, ma non solo, non possiamo alimentarli direttamente con energia meccanica. O comunque la situazione si complica. Abbiamo in ogni caso necessità di accumulatori, o di rendere maggiormente efficienti le “nostre pedalate”.

Un fatto è certo. L’energia umana impiegabile per produrre altra energia è quella più sostenibile perché cresce con il crescere della popolazione. Solo per questo conviene investirci e ragionarci su, oltre al sempre opportuno e auspicabile “pedalare!”. (Vincenzo Nizza – fonte The Low-Tech Magazine)

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