In Giappone riapre la caccia ai delfini

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Nonostante le proteste e l’indignazione il paese nipponico non abbandona la caccia ai delfini, una pratica crudele che ogni anno fa migliaia di vittime

In tutto il mondo si solleva la protesta e l’indignazione per la riapertura della caccia ai delfini in Giappone. Dal primo settembre fino a marzo la pratica è ammessa e, come ogni anno, farà migliaia di vittime. I pescatori attirano i delfini in una baia utilizzando dei disturbi sonori e lì ne uccidono a centinaia per poi vendere la loro carne, mentre alcuni vengono catturati vivi per essere venduti ai parchi acquatici.

La quota di caccia di quest’anno è stata decisa dall’Unione dei Pescatori di Taiji e permette l’uccisione o la cattura di 1.938 cetacei in totale. Nella quota sono comprese sette specie: 114 globicefali di Grey, 450 stenelle striate, 509 tursiopi, 261 grampi, 400 stenelle maculate pantropicali, 70 pseudorche e 134 lagenorinchi dai denti obliqui.

Secondo l’associazione Sea Shepherd, nella caccia non si fa distinzione fra animali giovani e anziani e, comunque, anche quando i piccoli vengono risparmiati, difficilmente riescono a sopravvivere senza madre una volta tornati in mare aperto. Sea Shepherd Conservation Society ha inviato anche quest’anno a Taiji, i suoi “Guardiani della baia” per documentare e a mostrare il brutale massacro e il commercio collegato alla cattività di delfini e piccoli cetacei.  Per rimanere informati e far sentire la vostra indignazione potete seguire www.seashepherd.itwww.seashepherd.org/cove-guardians (dove trovate il livestream).

AS

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