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Serve una moda “slow”, riciclare tutto è impossibile

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Esistono alternative al modello corrente di industria della moda, che consuma troppe risorse

L’industria della moda è un pericolo per l’ambiente: consuma troppe risorse. Bisogna trovare una soluzione più sostenibile, probabilmente puntando verso una moda slow. Il riciclo al 100%, ad essere realisti, è una chimera. Lo spiega Greenpeace nel nuovo rapporto “Fashion at the crossroads”, che raccoglie quasi 400 esempi di alternative al modello corrente di industria della moda. Per la prima volta viene presentata una rassegna di soluzioni già praticate da cui ottenere un modello che non comporti compromessi di natura etica, sociale o ambientale.

“L’economia circolare – afferma Chiara Campione, Senior Corporate Strategist di Greenpeace Italia – è sulla bocca di tutti, ma dietro questa bella etichetta si nasconde il sogno impossibile dell’industria che la circolarità possa risolvere il problema di un consumo eccessivo di risorse. In ogni caso dobbiamo consumare meno perché il riciclo al 100% è una chimera!”.

Da sei anni Greenpeace porta avanti la campagna Detox per l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose dal tessile.

Finora hanno aderito 80 marchi internazionali, tra i quali più di 50 realtà tessili italiane, che rappresentano il 15% della produzione tessile globale in termini di fatturato.

L’”economia circolare” è ancora immatura secondo Greenpeace: la produzione tessile globale continua a crescere esponenzialmente e il riciclo avviene prima di aver eliminato le sostanze chimiche pericolose. Per questo bisogna ridurre l’impatto della produzione tessile, aumentare la longevità dei prodotti, il loro riciclo e una nuova vita per i prodotti. “È ora – conclude Greenpeace – che venga adottata una normativa sulla responsabilità delle aziende che preveda il ritiro obbligatorio dei prodotti a fine vita, per evitare che finiscano in discarica o all’inceneritore, e che premi chi si impegna sul fronte della riduzione dell’impatto ambientale del prodotto”.

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