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L’economia circolare vale 200mila posti di lavoro

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C’è un nuovo modo di produrre che concilia le esigenze dell’economia con quelle della natura

Un nuovo modello produttivo, basato sull’economia circolare, creerebbe 200mila nuovi posti di lavoro, al netto dei posti persi a causa del superamento del modello produttivo precedente.

Il rifiuto di qualcuno deve diventare risorsa per qualcun’altro: ecco l’economia circolare

Sono le stime emerse durante la terza Conferenza nazionale sui rifiuti, organizzata alla Casa del Cinema Roma da Legambiente, Editoriale La Nuova Ecologia e Kyoto Club in partenariato con il Coou, il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati.

Le parole chiaved di questo modello alternativo di economia sono:

  • riciclo
  • rigenerazione
  • bioeconomia
  • innovazione nell’industria alimentare, chimica, farmaceutica, dei prodotti confezionati di largo consumo e nell’industria biotecnologica.

Anche il settore agricolo, ben sviluppato nel nostro paese, potrebbe avvicinarsi all’economia circolare. Si producono 9milioni di tonnellate di rifiuti e 20milioni di tonnellate di rifiuti agricoli che potrebbero trovare nuova vita nel compostaggio, nella digestione anaerobica e nella bioraffinazione, mentre un ulteriore sviluppo occupazionale ed economico potrebbe venire dal settore attualmente in crescita delle bioplastiche.

Evitare la produzione dei rifiuti, rigenerare, riparare e riciclare devono essere i verbi sui quali costruire un nuovo ciclo di vita dell’industria. Si possono generare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l’8% del fatturato annuo, riducendo nel contempo l’emissione di gas serra del 2-4% (Valutazione d’impatto della Commissione del luglio 2014).

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