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La porchetta, dai Castelli romani al gusto nazional-popolare

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La porchetta è un’istituzione nel Lazio, nella zona dei Castelli. E non c’è festa o sagra di paese che non veda allestito il banco della porchetta. Gusto inimitabile

Nell’alto Lazio, ma anche a Roma, è un’istituzione. Profumata, saporita, speziata al punto giusto. Accompagnata da due belle fette di pane croccante e un bicchiere di vino rosso, la “porchetta” è l’alimento più caratteristico della zona dei Castelli che circondano la Capitale. Non c’è festa o sagra di paese che non veda allestito il banco della porchetta, è il prodotto nazional-popolare per eccellenza, diventato col tempo simbolo dell’allegria a tavola tipicamente italiana.

È talmente tipica che ha ricevuto dall’Unione europea la denominazione Igp (Indicazione geografica protetta), un marchio che la rende ancora più “appetibile” e di qualità, e sarà inserita nell’atlante “Qualivita”. La sua storia ha radici profonde: pare che imperatori romani come Nerone erano soliti offrire, nel corso dei loro pantagruelici banchetti, la porchetta ai loro ospiti. Tracce del succulento maialino al forno sono però state lasciate anche dagli Etruschi. La porchetta si ottiene dai suini femmina, abbondantemente salate, speziate e cotta nel forno ad almeno 200 gradi per un tempo che va dalle 3 alle 5 ore.

Apprezzata proprio da tutti per la bontà casereccia che sprigiona, la porchetta viene anche esaltata dallo scrittore Carlo Emilio Gadda, nel suo romanzo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”: “La porca, la porca! Ciavemo la porchetta signori! La bella porca de l’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione!”. Un omaggio doveroso.

 

Giacomo Gallo

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